Qui i nostri soldati decisero di fare la Festa dei Ceri. Sui motivi precisi che hanno portato a tale determinazione non ci è dato sapere, ma di certo l’essere consapevoli che a Gubbio l’omaggio al Patrono non veniva fatto, di sicuro ha rappresentato una spinta per quei soldati che spesso inviavano alla Basilica parte di quei pochi denari di cui disponevano affinché venissero fatte delle preghiere al “vecchietto” (come erano soliti riferirsi a S. Ubaldo) per la loro incolumità. Addirittura molte di queste offerte provenivano anche da soldati non eugubini. E spesso tali offerte erano accompagnate da lettere scritte da un capitano della 12.a compagnia del 51° fanteria, Rinaldo Chelli, figura di primo piano in tutta la vicenda dei Ceri in Guerra. Per esempio riportiamo la lettera del 1 dicembre 1915 inviata al vescovo di Gubbio, Mons. Giovanni Battista Nasalli Rocca: «Compio il gradito incarico di trasmettere a mezzo cartolina vaglia Lire 130, obolo raccolto dal soldato Vispi Angelo tra i militari della mia compagnia perché Vostra Eccellenza Reverendissima ne disponga nel miglior modo per farne una solenne preghiera al Loro patrono Santo Ubaldo. Il Vispi Le rimetterà anche un elenco dei militari oblatori perché tutti siano ricordati dalla pietà dei buoni Eugubini. Voglia Vostra Eccellenza gradire il mio rispettoso ossequio e quello dei miei soldati Eugubini per i quali io mi faccio sicuro interprete. Di Vostra Eccellenza Devotissimo Capitano Rinaldo Chelli Del 51° Fanteria, 12a Compagnia».

La cosa fu decisa con diversi mesi di anticipo. I soldati eugubini, sotto le mentite spoglie di “festa del reggimento” ebbero l’autorizzazione dell’alto comando militare e l’aiuto di quel capitano Rinaldo Chelli, e pertanto fu possibile costruire, in una baracca dell’accampamento, tre Ceri a grandezza naturale con relative barelle e statue dei Santi: un soldato era stato mandato in licenza a Gubbio per riportare le misure dei Ceri. La figura di Rinaldo Chelli […] ha un ruolo molto importante nella vicenda. […] La sua simpatia verso i suoi commilitoni eugubini è stata sicuramente favorita e sollecitata dalla sua giovane fidanzata, Enrica Brizzi, eugubina e abitante in via Dante proprio nell’abitazione adiacente alla Statua di S. Ubaldo. Questo fatto lo rendeva “noto in Gubbio”, come venne definito al momento dell’arrivo in città delle sue foto dei Ceri sul Col di Lana. Tra l’altro occorre aggiungere che il Capitano Chelli, “Dino” come veniva chiamato in famiglia, sposò Enrica, finita la Guerra, nel novembre del 1919 nella chiesa di S. Pietro a Gubbio.

Quei nostri concittadini riuscirono davvero a coinvolgere tutti: la Festa dei Ceri, in quel luogo di sangue, divenne la festa e l’esaltazione della vita! Qualche nome di quei “eroi ceraioli”, organizzatori della Festa: Filadelfo Agostinucci (1° Capitano dei Ceri), Salvatore Albini, Angelo Camponovo, Alessandro Farneti, Ettore Ferranti, Basilio Grasselli (di Valfabbrica), Guido Maranghi, Raffaele Mazzacrelli, Giulio Menichetti, Giovanni Panfili, Settimio Rosati (l’unico del gruppo che morirà in guerra, l’anno seguente, in Francia, sulle Ardenne, a Bligny), David Tasso, Adolfo Vispi (di cui non se ne conosce la città di provenienza, di certo non era nato né risiedeva a Gubbio), e intorno a loro tutti gli altri eugubini che formavano il 51° fanteria e non solo. Infatti vi parteciparono anche soldati eugubini appartenenti ad altre Brigate presenti in loco, basti pensare che il Filadelfo Agostinucci nel maggio ’17 era del 45° fanteria (Brigata Reggio). Quel 15 maggio 1917 fu un giorno piovoso, ma il programma della festa si svolse regolarmente: «Ad una certa ora vedemmo uscire i soldati di Gubbio (i più allegri del reggimento) con sulle spalle questi grandi e giganteschi arnesi fabbricati da loro stessi nelle ore di riposo, e tutti restammo meravigliati, ché nessuno ne sapeva nulla». E come scrive il pittore perugino Gerardo Dottori, testimone oculare dei fatti: «A mezzogiorno tutti i fanti disponibili della Brigata Alpi, accompagnati dai loro comandanti compresi quelli di Brigata, Divisione, Reggimenti, Compagnie ecc. erano convenuti a Pian di Salesei. I tre ceri, splendidi di vernice fresca, erano drizzati in uno slargo in mezzo ai baraccamenti. Dopo un lauto rancio, cui parteciparono tutti i convenuti, un cappellano benedisse Ceri e ceraioli: i quali in grigio-verde, con un fazzoletto rosso al collo e al canto della famosa marcia dei ceraioli, issarono le tre grandi “macchine” e si slanciarono su per l’erta mulattiera del Col di Lana che conduce a Salesei, meta della corsa. Pochi momenti di stupefatta perplessità dei due o tremila fanti che assistevano al “via” e poi con un grido immenso che si sprigionava da tutte le bocche, comprese quelle di solito serie e gravi degli alti ufficiali, tutti si slanciarono all’inseguimento dei “matti di Gubbio” [….] E ognuno voleva raggiungere uno dei Ceri per poter dare il cambio, la “spallata” ai portatori e tutti erano pervasi da una commozione profonda che provocava le lacrime, da un entusiasmo travolgente per cui tutti correvano su per la faticosa via a zig-zag che in venti minuti fu superata e il Cero del santo protettore di Gubbio sant’Ubaldo toccò la piccola spianata della baracca blindata dove risiedeva il comando del 51° fanteria (ndr: in realtà trattasi della sede del 45° in quanto quella del 51° si trovava a valle rispetto all’accampamento, inoltre era una casa di pietra ben fortificata e non una baracca). Fu un vero assalto incruento al Col di Lana, al quale però nessun ostacolo, anche cruento, avrebbe potuto resistere tanto fu l’entusiasmo che si propagò rapidamente a tutti i convenuti».

Quindi la festa si svolse secondo il classico protocollo e nulla venne meno! Non mancò la Messa, il pranzo (“lauto rancio”), né la banda che suonò la “marcia dei ceraioli”, né una parvenza di divisa rappresentata dal “fazzoletto rosso al collo”. Non mancò nemmeno il trombettiere e soprattutto non mancò il capitano dei Ceri a cavallo (di un mulo per l’occasione) e nello sceglierlo tennero anche conto che fosse un muratore, infatti Filadelfo Agostinucci era tale, come risulta dal suo foglio matricolare (dallo stesso risulta che egli apparteneva in quel mese di maggio al 45° reggimento fanteria della Brigata Reggio, il che dimostra ulteriormente che ci fu una partecipazione allargata oltre il 51° e oltre la Brigata Alpi).

Il rito fu compiuto, la tradizione rispettata! Certo non fu come arrivare alla Basilica di S. Ubaldo e depositare i Ceri dinanzi il Sacro Corpo del Protettore, ma c’è da giurare che ognuno di quei grandi idealmente vi giunse con tutto il proprio cuore! La notizia di quella corsa eccezionale non tardò a giungere a Gubbio e il giornale eugubino “L’Ingino” l’8 luglio pubblica: «Sicuro: anche quest’anno non poteva mancare la Festa dei Ceri. Omessa per giusti motivi in Gubbio, essa è stata celebrata con pompa dai molti soldati eugubini del 51° Reggimento fanteria, sulle pendici del Col di Lana. Se ne vedono le fotografie opera del Capitano Chelli noto in Gubbio, presso la cartoleria Menichetti».

[da Mauro Pierotti, 15 maggio 1917, i Ceri al Col di Lana, in F. Trevisan (a cura di), Gubbio, la Grande Guerra e i Ceri sul Col di Lana (1917-2017), atti del Convegno di Studi di Gubbio (5 maggio 2017), Soprintendenza archivistica e bibliografica dell’Umbria e delle Marche, Perugia 2017 pp. 50-65]